Giglio di mare

Fusto fossile di crinoide

L’oggetto a stella di color grigio-azzurro in evidenza in questa immagine è un ossicolo (cioè parte dello scheletro calcareo) di un giglio di mare o crinoide. Un crinoide è un organismo marino a forma di fiore piumato che era molto comune nel Triassico. Gli altri oggetti scuri nella foto sono frammenti di altri fossili marini, e nell’insieme questa roccia si è formata come sabbia di frammenti di gusci, ed è stata in seguito cementata. Il “cemento” è costituito dai cristalli di colore prevalentemente arancio che sono presenti tra un frammento e l’altro, ed è fatto di calcite.

Quasi sempre, i sedimenti marini che vengono seppelliti finiscono in falde acquifere sottomarine, con acque molto ricche di sali. E’ da queste acque che precipita il cemento calcitico, ed è in questo modo che quasi tutti i sedimenti diventano roccia. Nelle Dolomiti è facile trovare rocce che presentano crinoidi fossili. Guarda i micro frammenti di crinoidi fossili visti al microscopio nelle immagini dell’Encrinite di Fanes.

Microfoto © Prof. Bernardo Cesare

il progetto

Microcosmo nasce dal desiderio di svelare l’incanto, il fascino strutturale e cromatico che la luce rivela all’occhio umano guardando la realtà attraverso il microscopio.

DolomitiArtRock valorizza il microcosmo delle rocce dolomitiche e ci permette di varcare il confine fra micro e macro cosmo, facendo scoprire come la bellezza in Dolomiti risieda, stabile e forte, sia al di là che al di quà di questo confine. Il punto di partenza è una roccia raccolta sulle nostre Dolomiti, apparentemente senza alcuna particolarità. La tecnologia sommata a nuove competenze ci permette oggi di guardare l’invisibile.

La tecnica

In un tempo lontanissimo, tra 250 e 200 milioni di anni fa, si depositarono sul fondo di un mare tropicale sabbie, limi e fanghiglie che la litogenesi trasformò in rocce. Quelle rocce oggi svettano fino a 3000 mt e sono parte delle Dolomiti.

Bernardo Cesare, Docente di Petrografia all’Università di Padova, ha fotografato al microscopio queste rocce rivelando inediti mondi. Per poterli osservare al microscopio, i campioni di roccia devono essere così sottili da divenire trasparenti, in modo da poter essere attraversati dalla luce.

Le rocce, quindi, vengono tagliate con una lama diamantata in fette molto sottili, di circa tre centesimi di millimetro (30 micron); la fetta di roccia viene poi incollata su un vetrino per essere osservata al microscopio.

Questo vetrino è posato su un tavolino portaoggetti illuminato da sotto: quando passa attraverso i cristalli della roccia, la luce viene propagata in modo diverso a seconda della struttura cristallina, ossia in base a come sono disposti gli atomi nei cristalli del campione.

Quando tale luce colpisce il campione in analisi, essa interagisce con i minerali presenti nella roccia e ogni colore della luce ruota di un angolo diverso a seconda del tipo e delle caratteristiche del minerale. L’uso di un secondo filtro, detto analizzatore e posto tra obiettivo e oculare, permette di isolare una sola parte, o colore, della luce incidente.

La stessa immagine di un oggetto, quindi, si può ottenere in colori diversi a seconda di come vengono usati i filtri. L’uso della luce polarizzata permette al geologo di identificare e classificare i minerali presenti in una roccia.